L'itinerario pedonale tocca quattro tra le più belle chiese e di Bologna. Nella parte nord-occidentale della città sorge la duecentesca Basilica di San Francesco, che giunse a Bologna nel 1222 e con la sua predica determinò un decisivo interesse verso il francescanesimo. Benché di forme e aspetto ancora prettamente romanici, il San Francesco di Bologna è tra le costruzioni italiane quella nella quale sono riflesse con maggiore fedeltà le caratteristiche del gotico francese, chiaramente riconoscibili soprattutto negli archi rampanti absidali esterni. Di notevole interesse nei pressi dell'abside i tre monumenti funebri (Arche) dei glossatori Accursio e del figlio Francesco d'Accursio, del giurista Odofredo e di Rolandino dei Romanzi (foto 5-7). La facciata a capanna è di impronta ancora romanica, tripartita da lesene e decorata da scodelle di ceramica lungo gli spioventi (foto 1). Il portale si apre entro un protiro marmoreo affiancato da bassorilievi che forse risalgono all'VIII secolo. L'interno (foto 9-10) è a tre navate scandite da pilastri ottagonali con altissime volte esapartite (cioè divise in sei vele, come a Notre Dame di Parigi). Nel coro si sviluppa un deambulatorio absidale con corona di nove cappelle a raggiera. All'altare maggiore è la grandiosa ancona marmorea di San Francesco che fu commissionata ai fratelli Pierpaolo e Jacobello dalle Masegne, ma realizzata dal solo Pierpaolo nel 1388-1392 (foto 11-14). L'itinerario procede quindi verso est, in direzione del Santuario di Santa Maria della Vita, soprattutto nota per conservare il gruppo fittile del Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell'Arca, capolavoro della scultura quattrocentesca di ineguagliata forza drammatica (foto 15-22). Si tratta di un'opera composta da sette figure a grandezza naturale in terracotta con tracce di policromia. Al centro sta il Cristo morto, disteso con la testa reclinata su un cuscino. Attorno si dispongono le altre figure, tra le quali spiccano le due Marie, Maria di Cleofa e ai piedi del Cristo, Maria Maddalena, straziate dal dolore con le vesti gonfiate dal vento. Più composte sono le altre figure, anche se i loro volti mostrano una dolorosa partecipazione. Si riconoscono poi la Madonna, con le mani giunte, Maria di Giuseppe che stringe le cosce in un gesto di rammarico, mentre san Giovanni è rappresentato in un silenzioso pianto, con un palmo che regge il mento. Staccata dagli altri è una figura inginocchiata in abiti rinascimentali, generalmente collocata a sinistra, che rappresenta Giuseppe D'Arimatea e che guarda verso l'osservatore. La drammaticità e il pathos di alcune di queste figure non hanno pari nella cultura italiana dell'epoca, almeno nelle opere pervenuteci, ed ha posto l'interrogativo delle fonti alle quali Niccolò attinse: sicuramente la scultura della Borgogna, poi l'Umanesimo gotico d'oltralpe e le novità drammatiche dell'ultimo Donatello. L'itinerario prosegue a sud verso la Basilica di San Domenico, uno dei più importanti luoghi di culto di Bologna e sede principale dell'ordine dei frati predicatori. L'antistante piazza San Domenico è pavimentata in ciottoli di fiume, similmente alla non lontana piazza Santo Stefano, com'era in uso nel Medioevo. Molto caratteristiche sono le tombe del glossatore Rolandino de' Passaggeri del 1305 e quella di Egidio Foscherari del 1289 (foto 24). La faciata , erminata nel 1240 come ultimo elemento della chiesa originaria duecentesca, è monofastigiata (o a capanna), interamente costruita in laterizi come voleva lo stile povero degli ordini mendicanti. Anche il rosone traforato risale a quel tempo (foto 23). All'interno brilla la straordinaria Arca di san Domenico (opera di Nicola Pisano e allievi, con contributi di Niccolò dell'Arca, Michelangelo Buonarroti, Alfonso Lombardi e Jean-Baptiste Boudard) nella quale sono sono conservati i resti di san Domenico, fondatore dell'ordine (foto 26-36). Pregevoli anche il crocifisso ligneo di Giunta Pisano del 1250 (foto 37-38) e il Matrimonio Mistico di Santa Caterina di Filippo Lippi, dipinto a olio su tavola del 1501 (foto 39-41). Ultima tappa dell'itinerario è la Basilica di Santa Maria dei Servi, chiesa trecentesca che conseva la splendida la Maestà di Cimabue, un dipinto a tempera e oro su tavola (385x223cm) eseguito dal maestro di Giotto con l'aiuto della sua bottega tra il 1280 e il 1285 (foto 43-44).