CHIESA DI SANTA MARIA IN ARA COELI

La basilica di Santa Maria in Aracoeli sorge sul colle del Campidoglio. La chiesa, il cui nome originario era Santa Maria in Capitolio, faceva parte del complesso di edifici del monastero che si era insediato sul colle capitolino mentre il resto delle costruzioni romane antiche andava in rovina. Sull'attuale nome, attestato dal 1323 (doveva essere entrato da tempo nell'uso popolare), vi sono varie ipotesi. Quella prevalente lo fa risalire alla leggenda, riportata nei Mirabilia Urbis Romae, secondo cui la chiesa sarebbe sorta là dove Augusto avrebbe avuto la visione di una donna con un bambino in braccio e avrebbe udito una voce che diceva «Questa è l'ara del figlio di Dio». Si trattava di Maria, madre di Gesù. La chiesa fu costruita sulle rovine del Tempio di Giunone Moneta, che sorgeva sull'Arx, una delle due alture del Colle Capitolino. La prima costruzione risale al VI secolo, poi la chiesa subì diverse evoluzioni nei secoli. Come in molti altri casi, attorno alla prima chiesa si addensarono costruzioni che nella parte superiore si svilupparono in un monastero, mentre sulle pendici del colle nasceva un mercato e poi un piccolo quartiere. Resti di queste costruzioni (la chiesetta di San Biagio del Mercato e la sottostante "Insula Romana") tornarono alla luce negli anni trenta del XX secolo (foto 2). Più della basilica papale di San Pietro e della cattedrale di San Giovanni, dedicate a celebrare il fasto e la potenza dei papi, l'Aracoeli è stata la chiesa del popolo romano e delle sue istituzioni civiche, in particolare il vicino Senato. Ad esempio qui nel 1341 fu laureato poeta Francesco Petrarca. L'interno ha tre navate con archi a tutto sesto, un transetto poco sporgente, ed è dotato di tre cappelle absidali terminali. La sua architettura, risalente al rifacimento dei frati francescani iniziato nel 1250 circa e rivestita in gran parte con decorazioni barocche, è quella tipica del gotico romano, con una rivisitazione in chiave duecentesca degli schemi e stilemi classici (foto 7,8). Il soffitto ligneo a cassettoni è del XVI secolo, il pavimento cosmatesco, conservato salvo gli inserti di lastre tombali, del XIII secolo. Sono molti i tesori presenti nella chiesa: tra questi spiccano i bellissimi affreschi di Pinturicchio nella cappella di San Bernardino, detta anche Cappella Bufalini (foto 9-20). Sulla parete centrale si trova la Gloria di san Bernardino, organizzata su due registri riprendendo lo schema della perduta Assunta della cappella Sistina di Perugino (foto 9-16). Nel registro inferiore si trova san Bernardino su una roccia con le braccia aperte e sormontato da due angeli che fanno per incoronarlo, affiancato dai santi Ludovico Di Tolosa e Sant'Antonio di Padova, sullo sfondo di un paesaggio lacustre di ascendenza umbra. Il registro superiore mostra invece Cristo benedicente entro una mandorla tra angeli oranti e musicanti. La parete sinistra è organizzata in due scene sovrapposte, divise da un cornicione con fregio dipinto. La lunetta superiore mostra il Romitaggio del giovane Bernardino, mentre sotto si trova la scena dei Funerali di san Bernardino, ambientati in uno spazio urbano con pavimento a scacchiera razionalmente organizzato con la prospettiva che cattura l'occhio dello spettatore verso il punto di fuga, che coincide con un edificio a base centrale, ripreso dalla Consegna delle chiavi di Perugino. In quest'opera sono chiare le molteplici influenze della pittura di Perugino in questa fase: la razionalità prospettica di marca urbinate-perugina, la varietà di tipi e pose nelle fosse, ispirata ai fiorentini come Benozzo Gozzoli o Ghirlandaio, la caratterizzazione pungente dei poveri pellegrini e mendicanti, derivata dall'esempio dei fiamminghi.




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