L'itinerario è un suggestivo giro in barca intorno all'isola di Capri, tra meravigliosi scorci di mare e mille tonalità di blu. Il giro parte e termina a Marina Grande (foto 1-3), attraverso un periplo percorso in senso orario. La prima tappa è ai famosi Faraglioni di Capri (foto 9-12) perpoi proseguire evrso la grotta Verde (foto 13-15). La grotta, conosciuta anticamente come grotta dei Turchi, è una cavità ubicata nel versante meridionale dell'isola ed è nota per il colore dell'acqua nel suo interno che, a causa di particolari giochi di luce, assume il colore verde. L'itinerario prosegue poi verso Punta Carena, a sud-ovest dell'Isola, caratterizzata dall'inconfondibile faro (foto 16-17), per poi giungere a quello che è probabilmente il luogo di attrazione più celebre dell'isola e cioè la grotta Azzurra. La grotta (foto 21-27) ha un'apertura parzialmente sommersa dal mare, dalla quale filtra la luce esterna che, in questo modo, crea un'intensa tonalità blu di colore, che rappresenta la caratteristica peculiare dell'antro. In età romana, ai tempi di Tiberio, la Grotta era utilizzata come un ninfeo marittimo. L'antro, infatti, costituiva una vera e propria appendice subacquea ad una villa augusto-tiberiana detta di Gradola, oggi ridotta a pochi ruderi. Fu l'archeologo Amedeo Maiuri, impegnato in diverse indagini archeologiche a Capri nel Novecento, ad intuire il carattere di ninfeo marittimo della grotta Azzurra. Dopo il tramonto dell'Impero romano, la Grotta fu condannata ad un lungo ed inesorabile declino. Nessuno osava avventurarsi al suo interno, poiché alcune antiche leggende capresi volevano la grotta abitata da spiriti e diavoli. Chi avesse visitato l'«antro maledetto» avrebbe perso il senno. Il 17 agosto 1826 il poeta prussiano August Kopisch, il pittore Ernesto Fries, il marinaio caprese Angelo Ferraro, il locandiere Pagano (che li sollecitò nell'impresa) e l'asinaro Michele Federico, riscoprirono la grotta, battezzandola col suo nome attuale. La riscoperta della Grotta Azzurra definì in seguito nuove coordinate negli itinerari italiani del Grand Tour, persuadendo i ricchi viaggiatori europei ad avventurarsi in quell'isola che sino ad allora, per usare le funeste parole del padre Daniello Bartoli, era considerata una «Rupe de' Disperati».